Le piante carnivore ( piante insettivore)

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    Le piante carnivore (dette anche piante insettivore)


    File:Dionaea muscipula01.jpg


    La venus acchiappamosche (Dionaea muscipula) con le sue trappole a "scatto", è una tipica pianta carnivora.


    sono delle particolari piante che intrappolano e consumano protozoi ed animali, specialmente insetti ed altri artropodi, al fine di ottenere i nutrienti essenziali per la loro crescita.


    Questa singolare caratteristica è il risultato di un adattamento a quegli ambienti, come paludi, torbiere o rocce affioranti, in cui il suolo per la forte acidità è povero o privo di nutrienti e in particolar modo d'azoto, che viene così integrato dalla pianta attraverso le digestione delle proteine animali.


    Il primo a scrivere un trattato sulle piante carnivore fu Charles Darwin nel 1875.


    Ne esistono circa 600 specie diffuse in tutto il mondo, divise in più di una dozzina di generi e in 5 famiglie.


    Oltre a queste, esistono anche circa 300 specie di piante protocarnivore, divise in diversi generi, che possiedono alcune ma non tutte le caratteristiche per essere considerate vere carnivore.


    In Italia è presente allo stato naturale la specie Utricularia vulgaris, che può essere individuata in Sardegna tra le zone palustri di Cagliari e lo stagno di Platamona, a Sassari, mentre la Dracunculus muscivorus detta anche "erba drago" è diffusa in tutta l'isola, soprattutto presso l'Isola Serpentara, un isolotto disabitato situato 4 km a sud-est della Sardegna, da cui forse prenderebbe nome di "pianta serpentaria".


    Le piante carnivore sono delle piante erbacee, che in risposta alla carenza di nutrienti propria del loro habitat, si sono adattate a ricavare le sostanze nutritive dalla digestione delle proteine degli animali.


    Questi vengono catturati per mezzo di trappole più o meno efficienti che derivano generalmente da foglie modificate.


    Il primo a coniare il termine di "carnivore" fu Lloyd nel 1942, mentre prima (e in alcuni casi ancora oggi) veniva utilizzato il termine di piante insettivore. Poiché queste piante non si nutrono soltanto di insetti, ma anche di altri artropodi o di altri piccoli animali, si è ritenuto fosse più corretto utilizzare il termine di piante carnivore.


    Vivono in ambienti estremi come le torbiere e in suoli acidi e privi di calcio, con una bassissima concentrazione di sostanze nutritive quali azoto, fosforo o potassio.


    Le piante carnivore presentano delle radici piuttosto piccole in relazione alle dimensioni delle piante.


    Questo è dovuto al fatto che la pianta spende più energia nella "costruzione" delle trappole e nella produzione degli enzimi digestivi, piuttosto che accrescere la biomassa radicale.


    In questo modo il compito di assorbire l'azoto e gli altri nutrienti è affidato alle foglie piuttosto che alle radici.


    Sono generalmente piante perenni, sebbene ne esistano anche di annuali.


    Molte vivono solo per pochi anni, mentre altre possono formare delle colonie per mezzo della formazione di stoloni.


    Sono delle deboli competitrici nei confronti delle altre piante.


    Se, per esempio, il loro habitat subisce dei drastici cambiamenti, come l'essiccamento, vengono prontamente rimpiazzate dalle piante non carnivore, molto più efficienti nel compiere la fotosintesi in ambienti "normali" rispetto alle carnivore.


     

     
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    MECCANISMI DI INTRAPPOLAMENTO


    Le piante carnivore hanno sviluppato cinque diversi tipi di trappole per la cattura degli organismi di cui si nutrono.


        Queste sono:


    * Trappole ad ascidio: le prede vengono intrappolate all'interno di una foglia arrotolata a forma di caraffa, contenente un pool di enzimi digestivi e/o batteri;


    * Trappole adesive: la cattura avviene tramite una mucillagine collosa secreta dalle foglie;


    * Trappole a scatto o a tagliola: un rapido movimento delle foglie immobilizza l'animale al loro interno;


    * Trappole ad aspirazione: la preda viene risucchiata da una struttura simile ad una vescica, l'utricolo, al cui interno si genera un vuoto di pressione;


    * Trappole a nassa: presentano dei peli che dirigono forzatamente la preda all'interno dell'organo digestivo.


    Queste trappole possono essere classificate anche come attive o passive, in base alla partecipazione della pianta alla cattura.


    Ad esempio, le piante di Triphyophyllum mostrano una trappola adesiva passiva, che secerne mucillagine ma non è accompagnata da un movimento o sviluppo delle foglie in risposta alla cattura della preda.


    Al contrario le trappole adesive delle piante del genere Drosera, sono considerate attive per la presenza di foglie che, con una rapida crescita cellulare, avvolgono la preda favorendone la digestione.


    È interessante notare come i diversi tipi di trappola siano specializzati nella cattura di diversi tipi di prede:le piante con trappole adesive catturano piccoli insetti volanti, quelle con trappola ad ascidio sono in grado di predare insetti volanti di maggiori dimensioni, mentre la trappola a tagliola è adatta a catturare insetti del suolo di dimensioni relativamente grandi


    TRAPPOLA A ASCIDIO


    File:H pulchella1.jpg


    Heliamphora pulchellada notare i suoi piccolissimi opercoli a forma di campanella e i peli che ricoprono la superficie interna dell'ascidio


    <font color=#006600 size=4>Questi tipi di trappole si sono evolute in modo indipendente almeno in quattro occasioni.


    Le più semplici sono probabilmente quelle del genere Heliamphora: in queste piante le trappole sono chiaramente il risultato di una modificazione delle foglie che hanno subito un arrotolamento con saldatura fra i margini.


    Queste piante sono originarie delle aree sudamericane ad intensa precipitazione e, di conseguenza, devono assicurarsi che l'ascidio non venga riempito eccessivamente dall'acqua piovana.


     Per risolvere il problema, la selezione naturale ha favorito l'evoluzione di uno scarico, simile a quello di un lavandino: un piccolo varco tra i margini fogliari incernierati che permette all'acqua in eccesso di fluire all'esterno dell'ascidio.


    Heliamphora è un membro delle Sarraceniaceae, una famiglia del Nuovo Mondo cui appartengono altri due generi di piante carnivore: Sarracenia, endemica della Florida, e Darlingtonia, originaria della California.


    La Sarracenia purpurea subsp. purpurea ha una distribuzione più cosmopolita, spingendosi fino in Canada.



    Darlingtonia californica: da notare la piccola entrata nella regione inferiore dell'opercolo, le cui finestre traslucide confondono la preda che, convinta di uscire, è invece intrappolata all'interno dell'ascidio.


    Nel genere Sarracenia, il problema dell'eccessivo riempimento dell'ascidio viene risolto per mezzo della presenza di un opercolo: un'espansione della foglia che copre l'apertura del tubo, proteggendolo dalla pioggia.


    Probabilmente a causa di questo migliore riparo dall'acqua, le specie di Sarracenia riescono a secernere degli enzimi, come proteasi e fosfatasi, nel fluido digestivo nel fondo dell'ascidio, mentre le Heliamphora si affidano soltanto ad una digestione batterica.


    Questi enzimi digeriscono le proteine e gli acidi nucleici della preda, rilasciando amminoacidi e ioni fosfato, che vengono assorbiti dalla pianta.


    La pianta cobra (Darlingtonia californica) possiede un adattamento presente anche nella Sarracenia psittacina e in minor misura anche nella Sarracenia minor: l'opercolo è un rigonfiamento che chiude in parte l'apertura dell'ascidio.


     La sua cavità è puntellata da areole che, prive di clorofilla, permettono alla luce di penetrare all'interno del tubo.


    Attraversando l'apertura posta nella regione inferiore dell'opercolo, gli insetti (in particolare le formiche), una volta all'interno, tentano di scappare utilizzando questa falsa uscita, fino a quando non cadono all'interno del tubo digestivo.


    Anche alcune giovani plantule di Sarracenia possiedono un lungo e sporgente opercolo; si ritiene quindi che la Darlingtonia rappresenti un caso di <font color=#507318>neotenia.


    Il secondo maggior gruppo di piante ad ascidio è rappresentato dal genere Nepenthes, le cui circa 100 specie possiedono degli ascidi sostenuti dalla parte finale di un viticcio che si sviluppa come un'estensione della nervatura principale della foglia.


    Molte specie cacciano insetti, sebbene le più grandi, ed in particolare la Nepenthe rajah, catturino occasionalmente piccoli mammiferi e rettili.


    Questi contenitori rappresentano infatti un'attraente fonte di cibo per piccoli insettivori.


     Per evitare catture accidentali la Nepenthes bicalcarata possiede due spine acuminate che proietta dalla base dell'opercolo verso l'entrata dell'ascidio e con le quali cerca di proteggersi dalle incursioni di questi mammiferi.


    Questa tesi, però, non è accettata da tutti i ricercatori


    File:Cephalotus follicularis001.jpg<strong>


    Le trappole ad ascidio si sono evolute almeno in altri due gruppi.


    Cephalotus follicularis è una piccola pianta carnivora dell'Australia occidentale con ascidio a forma di mocassino.


    In questa specie il peristoma, l'orlo che borda l'apertura dell'ascidio, è particolarmente pronunciato, secerne del Nettare ed è provvisto di sporgenze spinose nell'apertura che impediscono agli insetti intrappolati di fuoriuscire.

     
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1 replies since 3/5/2009, 10:19   3229 views
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